Margherita Furlan

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Margherita Furlan
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Orrore occidentale per i cani cinesi

 

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Nelle nostre “integerrime” televisioni fanno scandalo le immagini trasmesse ieri sera dalla trasmissione “Le Iene”.
Nella metropoli cinese di Yulin si celebra ogni anno, per il solstizio d’estate (21 giugno), il Dog Meat Festival. Secondo i dati dell’ufficio di Pechino della World animal protection “ogni anno in Cina vengono ancora macellati 25 milioni di cani”. A Yulin, in particolare, “vengono macellati e poi mangiati circa 10mila cani e gatti”. Nella credenza popolare cinese la carne di cane è considerata fonte di salute, fortuna e vigore sessuale. Non è dunque un caso che i cinesi consumino regolarmente carne di cane e gatto senza implicazioni emotive, semplicemente perché rientra nella loro tradizione culturale, tra l’altro, confermata dalla legge locale che non pone ostacoli.
A noi occidentali, invece, il solo pensiero fa venire i brividi, perché i cani e i gatti rappresentano ai nostri occhi amici inseparabili, compagni di viaggio straordinari, e rientrano, dunque, tra gli animali intoccabili. Perché troviamo agghiacciante mangiare un gatto mentre amiamo cucinarci per esempio il maiale, animale intelligente, affettuoso e sensibile quanto il cane? Semplice. Perché al cane o al gatto abbiamo permesso di entrare nelle nostre vite, di condividere con noi luoghi, spazi, emozioni, creando un sodalizio indissolubile. Diversamente, il nostro rapporto con gli altri animali, soprattutto quelli da reddito, inizia e termina con il loro sfruttamento: non sono soggetti ma semplici oggetti dai quali ricavare prodotti di varia natura. Per questa ragione proviamo orrore per la sagra del cane o del gatto, mentre non possiamo perderci la Sagra della porchetta di Ariccia, in quanto amanti del piatto (non del maiale).
E’ un dato di fatto che a fronte dell’indebolimento dell’Impero d’Occidente, la Cina sia sempre più al centro delle dinamiche geopolitiche mondiali. Stridono ancora di più quindi le nostre differenze culturali, popolari, linguistiche, letterarie e culinarie. La Cina è un mondo per noi ancora completamente sconosciuto, al quale, come un antico – ma oramai decadente e marginale – Impero, vorremmo insegnare come stare al mondo, dettando le nostre regole cosiddette “democratiche”. Dimenticandoci che le stesse torture che i cinesi dedicano ai cani noi le dirigiamo verso tutte le altre specie animali che, in vari modi, incrementano la nostra economia. Ecco, in questo non c’è alcuna differenza tra noi e “loro”. Lo dimostra il venditore intervistato dalle Iene, che dice ai giornalisti italiani increduli: “Con questi io ci mantengo la famiglia!”.
In realtà, a nessun uomo, come a nessun animale, le leggi etiche, che a differenze dei cavilli giuridici, valgono allo stesso modo per tutti gli esseri viventi, andrebbe riservato un trattamento che è a tutti gli effetti una tortura. Per questo è importante abbattere la violenta mattanza di Yulin, come quella delle balene che in Danimarca fa strage ogni anno di 950 globicefali.
Ma non possiamo imporre i nostri dogmi al resto del mondo, qui ed ora, senza nemmeno tentare un’interlocuzione. A meno di non voler creare agli occhi dell’opinione pubblica un nuovo grande nemico da abbattere: la Cina. E’ fuor di dubbio che nella guerra che potrebbe scatenarsi, il Celeste Impero ne uscirebbe straordinariamente vincitore.

 

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