Dove vanno a finire le armi made in Italy?
L’importante mancanza di trasparenza sul commercio delle armi determina una forte corresponsabilità dell’Italia nelle guerre che devastano il pianeta senza la minima attenzione al rispetto dei diritti umani e dei Trattati internazionali.
Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Francia, Russia, Cina inviano periodicamente all’Unroca, il Registro delle Nazioni Unite sulle armi convenzionali, informazioni abbastanza aggiornate sulle esportazioni di armi. L’Italia, invece, è ferma al 2009. Da nove anni Roma non invia informazioni all’Unroca. Pare che da allora nessun parlamentare se ne sia accorto. Così come nessuno tra i tanti esperti di strategie militari che quotidianamente pontificano nei salotti televisivi.
Ma c’è di più. Nello scorso anno, l’Italia ha inviato alla sede del Segretariato dell’ATT (Trattato sul Commercio di Armi) di Ginevra informazioni gravemente insufficienti riguardo alle esportazioni di armamenti autorizzate ed effettuate nel 2016. Il rapporto consegnato è infatti privo di una colonna presente invece nel rapporto dell’anno 2015, quella dei Paesi destinatari. Si sanno le tipologie e il numero di armamenti dell’esportazione ma non si conoscono i dati sulle consegne effettive, né il Paese acquirente. Un’assurdità consentita all’Italia dalla “clausola di riservatezza”: “In the submitted report, some commercially sensitive and / or national security-related data has been withheld in accordance with article 13.3 of the Treaty” (“Nella relazione presentata, alcuni dati relativi alla sicurezza commerciale e / o nazionale sono stati omessi ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 3 del Trattato”). Non è dato di sapere se questa venga impiegata dal Belpaese per ragioni di tipo commerciale o per questioni relative alla “sicurezza nazionale”. Sappiamo però che tra i Paesi che non inviano informazioni all’Onu sulle proprie importazioni di armi figurano Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar, Turkmenistan, Paesi verso cui l’Italia negli ultimi anni ha esportato sempre più armamenti perché considerati partner affidabili, nonostante il massiccio sostegno che offrono costantemente al terrorismo internazionale.
Si fa dunque fortemente strada il sospetto che la cosiddetta “sicurezza nazionale” spesso nasconda lucrosi interessi economici e che una “zona grigia” governi il mercato delle armi in cui potrebbero regnare collusioni forse inimmaginabili.
Nel frattempo la guerra e il blocco parziale imposto dalla coalizione a guida saudita hanno lasciato in Yemen 22 milioni di abitanti, sui trenta complessivi, in condizioni di emergenza, bisognosi di aiuti umanitari. E’ la più grande emergenza alimentare mondiale, mentre il colera ha colpito 1,1 milioni di persone. Nel più grande silenzio mediatico che una guerra abbia mai registrato.